Thursday, February 24, 2011

Di Verde Solo i Soldi




Incidente o Complotto?

Fin dal 1988 un fiume di benzene veniva riversato in mare dalla zona industriale di Porto Torres dai colossi della chimica Syndial, Sasol e Vinyls Italia (ENI). I valori rilevati superavano fino a diciotto mila volte i limiti di legge.
Poco prima che la notizia venisse alla ribalta delle cronache avviene l’incidente E.ON, che mette in secondo piano la vicenda.
Incidente o complotto? Il dubbio sorge!
Infatti: nell’agosto 2010 la E.ON firma con la Regione Sardegna un accordo per la costruzione di una centrale fotovoltaica da 100MW, adiacente la centrale già esistente, e poco prima proponeva la probabile conversione a carbone dell’impianto attuale.
Dopo l’11 gennaio 2011 la E.ON è sotto accusa e momentaneamente fuori gioco; la ENI e NOVAMONT prendono la palla al balzo e si propongono “misericordiosamente” come salvatrici “verdi” del polo industriale: GREEN ECONOMY, bonifica del territorio, riconversione del porto e centrale a biomasse (anche questa) da 100 MW.
Il progetto riguarda quindi anche l’agricoltura perché gli impianti verranno alimentati da cardi e girasoli, per cui tutta l’Isola dovrebbe procurare i terreni “sufficienti” alle coltivazioni industriali. Ma facendo dei semplici calcoli si scopre che per produrre le biomasse necessarie ad una centrale di tali dimensioni, servirebbe una superficie annua di 95.200 ettari. Sarebbe dunque impossibile alimentarla senza l’utilizzo di rifiuti e diventerebbe un enorme inceneritore, di dimensioni mai viste.
La riconversione del polo di Porto Torres calza, apparentemente e perfettamente nel “Progetto Sardegna CO2.0”, illustrato nei dettagli da Alfonso Damiano, docente della facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari, che prevede l’uso di tecnologie nelle quali la Sardegna è già leader nazionale e internazionale, e il desiderio di anticipare l’avvio di processi di trasformazione delle reti energetiche. Le azioni previste tendono a coinvolgere tutti i comparti produttivi e intere comunità locali. In questa direzione si è definito il progetto di avvio denominato “Comuni in classe A” che individua un numero limitato di comunità “pioniere” rappresentative del contesto socioeconomico e di progetti dimostrativi volti al raggiungimento di un bilancio di emissioni di CO2 pari a zero. In attesa della svolta a 360 gradi promessa dal Progetto Sardegna CO2.0, più concretamente Falck Renewables (Gruppo Falck) ha concluso, tramite la controllata Geopower Sardegna, un’operazione di project financing per un ammontare complessivo di 230 milioni, di cui 54 milioni già erogati.
Il finanziamento è finalizzato alla costruzione di un parco eolico in Sardegna situato sull’altopiano dei Monti di Alà dei Sardi e nel comune di Buddusò, con una potenza installata di 138 Mw. Il parco, che è in fase di costruzione con una previsione di completamento nel corso del 2011, sarà in grado di soddisfare il fabbisogno di oltre 110 mila famiglie producendo più di 300 Gwh all’anno. Il progetto è stato finanziato da un pool di banche (Unicredit Corporate Banking, Biis, Banca Imi, Ing Bank, The Bank of Tokyo, Mps Capital Service e Mediocreval), con l’intervento della Sace in qualità di garante di una tranche del finanziamento. Questo disegno futuro, riguardante l’industrializzazione della Sardegna, in verde chiaro, risulta però essere pericoloso per l‘ambiente sia per la perdita della biodiversità delle coltivazioni tradizionali, sia per l’introduzione di OGM. La perdita del territorio in favore dell’agricoltura industriale nasconde molti altri pericoli, la prduzione di OGM, infatti, necessita l’utilizzo di pesticidi speciali, ovviamente forniti dalle aziende produttrici dei semi, che contaminano costantemente e irrimediabilmente il suolo, per cui sarà difficile se non impossibile un ritorno all’agricoltura di tipo tradizionale, trasformandola in monocoltivi di grande estensione, riducendo queste terre ad un mero sfruttamento e cancellando l’identità e la forma di vita di una intera popolazione. Un esempio concreto in tema alimentare sono Brasile e Colombia, dove queste coltivazioni hanno ridotto la produzione di grano per il consumo umano, destinando la maggior parte del territorio al biocombustibile, sollevando così il costo degli alimenti basici. Si innalzerà considerevolmente anche il consumo di acqua necessario alle coltivazioni, con tutto questo perderemo la sovranità alimentare, cioè la possibilità di decidere e di disporre della nostra terra riducendo la nostra economia ad una dipendenza dalle grandi multinazionali e diventando schiavi di un sistema che tende sempre di più a controllare tutto l’esistente. Per non parlare degli effetti che alcuni impianti, come quelli a biomassa in queste folli dimensioni, possono avere sulla salute. Dobbiamo smettere di pensare alla nostra salvezza se questa viene auspicata con progetti reclamati come i più grandi d’Europa, quando il nostro fabbisogno è molto modesto visto il nostro numero di abitanti, rispettando questa proporzione potremmo avere un effettivo sviluppo riguardoso della nostra dignità, delle nostre risorse territoriali, culturali e turistiche.
Dovuta alle circostanze globali di questo sistema capitalista, in Sardegna come in qualsiasi altra parte del mondo, la lotta per il territorio risulta di vitale importanza per la sopravvivenza della terra così come la conosciamo. La distruzione di quel poco che ci rimane è gia iniziata e solo creando un fronte unito di lotta, volto a energie realmente rinnovabili e non dannose saremo capaci di arrestarla.

Info mail: anzicheniente@gmail.com

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